2006
- C’era cinque volte... “Mitici Eroi ” Libreria
Palazzo Roberti con la mostra “Miti di Latta”
Invitato, l’ho incontrata mentre curava l’allestimento
di questa esposizione in Palazzo Roberti ed è stata una buona
opportunità per scoprire il suo modo di operare. Un’esperienza
particolare, dove, inconsciamente indossi i panni di Mastro Ciliegia
e mentre perplesso ti soffermi ad osservare un comunissimo pezzo di
cartone sul quale sei inciampato, lei ti svela che esso è il
famoso vello d’oro di Giasone, poi calpesti la scatola di puntine
e saltellando vai a sederti proprio su quello che, lei insiste, è il
telaio di Penelope; proseguendo alla meno peggio provvedi a polverizzare
qualche gessetto e magari per non estendere il danno ti ritrovi incollato
su una mattonella. Dopo esserti mosso fra matite, vasetti di pigmento,
lacche, carte di diverse dimensioni, pezzi di latta e fili vari, in
mezzo a questa apparente confusione, proprio al centro di questo “cerchio-spazio-laboratorio”,
raggiungi “la” Manù.
Quest’artista ha la capacità di scoprire ed estrapolare
quanto celato nei frammenti di carta stampata, nei ritagli di lattina,
negli stralci di gommapiuma; allora la cogli intenta con la forbice
e il taglierino a scontornare sagome seguendo tracce solo a lei evidenti
e note, oppure ad intervenire con pastelli, matite e gessetti tracciando
segni precisi, netti, dando forma a dei personaggi, longilinei, che
nonostante l’essenzialità descrittiva sono ben caratterizzati,
acconciati con vesti semplici ma nel contempo eleganti, talvolta inseriti
in superfici impreziosite da piacevoli decori. Sviluppa colorate ambientazioni
prediligendo la linea curva, impressa con segno morbido e di spessore,
la cui percezione trasmette un segnale positivo, sereno, senza nulla
togliere alla suggestione del racconto. Il collage, applicato utilizzando
carta stampata, marca le figure, ne evidenzia l’azione e dà corposità alla
costruzione prospettica.
Scrivere di M. Simoncelli, descrivere il suo modo di elaborare e comunicare,
mi obbliga ad aggiungere un commento sull’arte dell’illustrazione
che, spesso sottovalutata, è a torto da qualcuno considerata
di nicchia o addirittura minore.
La ritengo una fra le espressioni artistiche più interessanti,
perché richiede notevole immaginazione, molta sensibilità,
attenzione per i contenuti, conoscenze tecniche ma soprattutto la capacità di
richiamare e far riaffiorare quello che rimane del bambino che è in
noi. Essendo pensata e creata soprattutto per i “piccoli” e
per i ragazzi, richiede una lettura immediata e per essere efficace
dal punto di vista narrativo, deve riuscire a svelare con poche inquadrature
la trama, essere irreale quanto credibile per incuriosire, non annoiare
e motivare la fantasia. Ciò lo ritrovo nelle opere esposte in
questa piccola ma piacevole mostra; un’ironica, scanzonata rilettura
dei “Mitici Eroi” fatta da un’ illustratrice che
tende a smitizzare. Sorge lecito il dubbio: non sarà forse il
maestro di musica della figlia l’unico, vero eroe? Il mostruoso
drago di Giorgio, sputa fuoco ma è piccolo, piccolo e assomiglia
più ad un gattino spaventato, fa quasi tenerezza di fronte alla
forte presenza del cavaliere della sua cavalcatura e le porte serrate
del castello non sono poi così invalicabili perché il
disegno richiama la leggerezza e la simmetria della struttura di una
foglia.
Arianna ha in testa la sua “idea meravigliosa” e pensierosa srotola
la matassa ingarbugliando il filo. Le note del seducente canto delle sirene sono
evidenziate e scandite dal sinuoso movimento dei pesci che da esse dipartono
fino a raggiungere l’imbarcazione dove i contrastanti stati d’animo
del povero Ulisse sono manifestati dal rigonfiamento della vela contrastato dal
gravare della verticalità della scrittura.
Nel buio della notte diviene suo malgrado protagonista la civetta o meglio lo
sono i suoi occhi mediante i quali osserva guardinga i movimenti di Robin Hood
nella foresta.
L’assommarsi delle curve sul colle evidenzia l’istinto materno e
protettivo di una mamma orsa per il suo piccolo e nei confronti di Atalanta,
abbandonata dal genitore; lo snodarsi del fiume suggerisce la sensazione del
tempo che scorre inesorabile. Tale movimento, come quello già citato dei
pesci, l’immagine degli alberelli in controluce sono, seppur privati delle
attribuzioni originali, espressione tipica del suo modo di comporre, sono rimasti
nel suo pennello, sono la sua firma. Le figurine di latta sono collocate su un
piano trasparente, che ne accentua la leggerezza ed elimina qualsiasi elemento
di disturbo mentre chiude la visuale il ritmo di una greca dipinta sulla parete;
sembra abbiano appena varcato l’uscio della stanza di Penelope, richiamate
e attirate dal magico suono del flauto del mitico maestro.
Merita attenzione il particolare per cui in qualche pezzo il tradizionale piedistallo é stato
trasformato e utilizzato come parte integrante dell’opera.
Le tavole presentano una discontinuità nella costruzione, alcune mostrano
un tipo di finitura diverso, meno fresco, più ragionato. In effetti Manù nelle
prime stesure lavora con calma, rimugina concentrata, studia, sviluppa con accuratezza,
inquadra e concretizza. Impadronitasi del tema può poi permettersi di
agire nelle successive composizioni con scioltezza e immediatezza.
Concludo perciò lasciando al visitatore l’arduo compito e il piacere
di scoprire la prima tavola!
Giancarlo
dal Moro
Giovanna
d'Arco Giasone
AtalantaArianna